
Benvenuti e benvenute al settimo episodio della rubrica “SHH!”: l’iniziativa che rompe
il silenzio sulla parità di genere.
Oggi è Carlotta, membro del Consiglio di Gestione di #FondazioneCaritro, a condividere il proprio pensiero su questo importante tema. 
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“L’avvocheria è un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmine”. Novembre 1883, i giudici della Corte d’Appello di Torino sono chiari: Lidia Poët, prima avvocata del Regno d’Italia iscritta all’Albo in quello stesso anno, deve lasciare l’Ordine. Perché, spiega la Corte, “sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare: costrette talvolta a trattare ex professo argomenti dei quali le buone regole della vita civile interdicono agli stessi uomini di fare motto alla presenza di donne oneste”. Un “rischio” paventato da uomini, con parole scritte da uomini, quali erano i componenti della Corte. Lidia Poët, di fronte ad una situazione di fatto giuridica e legislativa che escludeva dall’avvocatura le donne – in quanto donne –non si arrende e continua, senza titolo, a lavorare presso lo studio legale del fratello battendosi per i diritti dei soggetti più vulnerabili, minori e donne.
Grazie al movimento delle donne, nel 1919 il Parlamento approva la legge che ammette queste ultime ad accedere ai pubblici uffici, ad eccezione della magistratura; e Lidia, all’età di 65 anni, diventa finalmente Avvocata. La prima, in Italia: “Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengano alla difesa militare dello Stato”.
Lidia Poët, la pioniera avvocata italiana, ha infranto le barriere di genere nel 1800. Con tenacia, ha superato pregiudizi ostacoli legali, diventando un faro di ispirazione per l’emancipazione femminile. La sua lotta per l’uguaglianza nel diritto e nella società rimane un potente promemoria dell’importanza di perseguire la parità di genere e di valorizzare il contributo delle donne in tutti i campi professionali. La sua eredità vive oggi come esempio di determinazione e cambiamento sottolineando che la lotta per i diritti e il riconoscimento è un percorso ancora in corso.